Quanti paesi abbiamo visitato finora? Dalla partenza dall’Italia vediamo un po’: Spagna, Gibilterra, Irlanda, Faer Oer, Islanda, Norvegia, Svalbard, Groenlandia, Canada, Stati Uniti, Messico, Ecuador (Galapagos), Polinesia Francese, Isole Cook, Niué, Tonga,Fiji, Vanuatu, Nuova Caledonia, Australia, Indonesia,Filippine.
Ventidue paesi con ogni diversità burocratica possibile. Ognuno stupendosi che noi non sapessimo come perfezionare le pratiche. Fino all’apoteosi delle Filippine.
Tre giorni impiegati ad ottenere i documenti di ingresso necessari, andando in sedi diverse degli uffici dove a volte mancava il timbro, a volte la persona incaricata, altre volte avremmo dovuto andare tutti, altre solo il comandante. Tutto con un traffico che qui, a Cebu, è impressionante.
Semafori che durano 200 secondi (sono poco meno di tre minuti, ma la coda te ne fa godere quattro o cinque cicli ogni volta), motorette che stanno in centro strada, macchine che svoltano all’improvviso e i tassisti abilissimi a schivare tutti, compreso i pedoni.
Siete americani? No perdinci, siamo Italiani! Italiani? Mai venuto nessuno qui in barca. Vero o no si sono completamente dimenticati di Pigafetta. Qui Magellano, dopo aver innalzato una croce ancora esistente, è stato assassinato dai nativi che erano un po’ più aggressivi di oggi.
Bè, noi qui ci siamo arrivati, anche se non abbiamo seguito pedissequamente la rotta del grande navigatore e del suo compagno Pigafetta e se d’ora in poi ce ne discosteremo ad angolo retto.
Peccato che i ritardi continuino ad accumularsi. Anche più di quanto generosamente messo in conto durante la pianificazione del viaggio.
Credo che questo sia il decimo o undicesimo che organizziamo superiore alle duemila miglia. Un po’ di esperienza l’abbiamo!
Speravamo di trovare un clima meno opprimente dell’Indonesia, ma benché siamo nella stagione giusta per evitare al meglio i tifoni, che sono i cicloni tropicali dell’Asia, cattivi e imprevedibili più dei cugini occidentali, siamo nell’estate e caldo e umidità sono pari o superiori a quelli della Papua Nuova Guinea.
Approfittiamo della sosta per rifornirci con discreta difficoltà di qualche indispensabile ricambio e di filtri per il carburante che, per la prima volta da quando siamo partiti, dobbiamo cambiare con grande frequenza: l’ultimo rifornimento a Bitung, Sulawesi, è stato fatto con carburante molto sporco e quelli che avevamo ci hanno appena consentito di arrivare fin qui.
Il viaggio da Bitung è stato snervante: corrente contraria a due/tre nodi per tutta la rotta, pochissimo o niente vento contrario e acquazzoni torrenziali continui.
Il nostro mastro pescatore è riuscito a prendere due grandi interessanti pesci sottili come serpenti,con una bocca a becco dotata di denti impressionanti e una copertura sotto pelle di spine diagonali lunghe da dieci a venti centimetri, poco gradevoli.
Per via i pescatori, a quaranta o cinquanta miglia dalla costa, usano barchini minuscoli coi bilancieri da entrambi i lati che un mattina ci hanno circondato, procurandoci non poca apprensione. In realtà volevano solo venderci del pesce. Noi avevamo appena pescato i serpenti e non ne conoscevamo ancora le difficoltà, per cui abbiamo rifiutato i loro tonni, meschini che siamo stati, regalando loro qualche maglietta usata e un paio di scatole di carne che li hanno accontentati. Non avevamo praticamente più merce di scambio come le sigarette che chiedevano con insistenza.
Come si fidino a spostarsi a miglia di distanza dalla barca madre in mezzo all’oceano, dove la visibilità sotto i temporali si riduce a una decina di metri, con motori che suscitano dubbi tecnologici, non riusciamo a capacitarci, noi che ci assoggettiamo alle più restrittive norme di sicurezza (almeno, quasi tutti noi).
Entrati tra le isole per raggiungere Cebu, che è un po’ all’interno, l’attenzione durante la navigazione notturna si è acuita al massimo. Qui in acque più protette e vicino ai centri abitati i pescatori costellano il mare segnalando con luci la propria presenza a sole poche centinaia di metri.
La nostra meta era lo Yacht Club di Cebu, con un nome un bel po’ più pretenzioso della realtà, arrivando, ma è la legge di Murphy, con un bel vento al traverso levatosi pochi minuti prima che ha reso l’ormeggio alquanto indaginoso. Il nostro vicino, su un elegante Swan 65’, non si è degnato neanche di un saluto e sta continuando così dal nostro arrivo, cordialmente ricambiato: che non si sogni neppure un invito a una spaghettata, tanto da biondo incartapecorito britannico, o dintorni, non apprezzerebbe.
Non siamo riusciti ad ottenere di collegarci all’elettricità, sotto fermi e insopportabilmente stupidi pretesti, una delle più incredibili imbecillità tecniche incontrate in giro per il mondo, così il nostro vicino si godrà alcune ore di motore giornaliere mentre ricarichiamo le batterie.
A bilanciare le non poche sgradevolezze degli stupidi, degli antipatici, del traffico e del clima ci ha pensato Elio, proprietario dell’ottimo ristorante Vienna, in centro, che sta dedicando le giornate ad aiutarci nelle varie compere e le serate a deliziarci colla sua cucina italiana.
I locali sono gentili e affabili, non al livello insuperabile dell’Indonesia, ma questa è una grande città. Il dottore a capo del dipartimento della quarantena, dopo averci fatto temere di dover tornare, si è rivelato un amabile e arguto buontempone e lasciandoci andare con le dovute carte ci ha perfino regalato un gran pacco di tè.
Oggi dovremmo risolvere il problema della batterie motore, che hanno esalato l’ultimo respiro, e ricevere alcuni altri pezzi di ricambio di scorta, poi credo che ci prenderemo un giornata di semi relax prima di ripartire per il nord. Le previsioni questa volta sono abbastanza favorevoli, soprattutto per quanto riguarda la corrente, che dovrebbe finalmente esserci favorevole. Speriamo non si sbaglino!