Ci stiamo affrettando per scapolare una nuova perturbazione. Una l'abbiamo evitata rifugiandoci a Tilichiki e mettendo in grande agitazione l'ufficiale locale della Guardia Costiera. Non solo eravamo certamente la prima barca italiana a entrare nel porto (!), ma sono pronto a scommettere che fossimo la prima barca a vela in assoluto. Tilichiki è una cittadina (o meglio un villaggio) a due piani. Vicino al mare una banchina malandata sostenuta da palanche arrugginite, qualche vecchia gru al servizio delle chiatte che vi attraccano, case in pessime condizioni, strade in terra battuta, roba che probabilmente risale al periodo sovietico. Le case costruite sopra alla scarpata che si alza a poche decine di metri dal mare sembrano essere in migliori condizioni e c'è anche un edificio imponente circondato da una barriera tipo prigione, chissà che cos'è in realtà. Non siamo praticamente scesi a terra. Non ne avevamo il tempo. Avevamo bisogno di riparare un guasto che poteva essere davvero drammatico e la sosta non era prevista nel nostro piano di navigazione, comunicato in anticipo per tutto il percorso, con posizioni e tempi precisi di localizzazione. Ci siamo ancorati nella laguna antistante al riparo da una sottile striscia di terra, in mezzo a banchi di alghe e bassifondi, grazie alla nostra deriva mobile, sotto lo sguardo curioso di foche dai grandi occhi stupite quanto noi che fossimo lì e tenuti costantemente d'occhio da terra dalla telecamera della Guardia Costiera. Il vento arrivato puntuale ci ha regalato la collisione con un motoscafo alla deriva, riuscito a impattare proprio l'unico ostacolo presente nella laguna, e uno splendido panorama di monti, tundra e pace compensando un po' i giorni persi e le preoccupazioni. Riparato il guasto siamo ripartiti per le successive settecento miglia. Ancora mare formato e disordinato, grave attentato alla salute dello stomaco di uno di noi, poi più calmo e regolare, sempre con un cielo grigio e uniforme, deprimente, col ronfo sommesso del motore a riscaldarci e intontirci. Da queste parti non c'è il beneficio degli alisei: o calma di vento o violente perturbazioni che seguono, più o meno, il grande arco delle isole Aleutine che chiude a sud il Mar di Bering. Si tratta di cogliere l'intervallo tra una bassa pressione e la successiva, i cui effetti si propagano fino ai confini settentrionali di questo mare. Quindi niente dolci veleggiate, ma motore non appena la velocità scende al di sotto dei cinque nodi. Mare grigio, un po' di nebbia, di nuovo mare grigio. Un paio di soffi distanti ci confermano che la vita qui non è del tutto assente: balene! Forse megattere, forse balenottere comuni, chissà. Sono troppo distanti per un'identificazione certa. Poi ancora nulla per giorni. Un paio di enormi pescherecci traversano la nostra rotta. I marinai sostano per qualche minuto sul ponte a osservarci domandandosi di certo chi diavolo siamo e che ci facciamo qui. E poi come dal nulla centinaia e centinaia di uccelli appaiono inattesi proprio sulla nostra rotta. Ci sono tutti quelli d'alto mare: fulmari chiari e scuri (ce ne sono due forme coesistenti), berte, gabbiani bianco-grigi dalle punte delle ali color inchiostro, qualche raro albatros e perfino uno skua pomarino che volano tutti alla loro maniera caratteristica. Mancano quelli che abitano le scogliere distanti ormai più di cinquanta miglia, urie delle varie specie, cormorani e pulcinella di mare crestati. Volano e volano instancabili intorno alla barca che procede indifferente, posandosi a pochi metri dalla prua incombente per un affannato involo quando già l'onda di prua sta per travolgerli. Si direbbe che giocano a loro modo con noi. Guardiamo intenti l'intrecciarsi delle evoluzioni. Qualcuno ci arriva da poppa e resta per qualche istante planando proprio accanto al pozzetto e siamo convinti che ci osservi come noi facciamo con lui. Forse c'è una corrente che ha spinto pesci e plankton a raccogliersi in una striscia parallela alla nostra rotta. Qualunque sia la ragione, dopo qualche miglio lo spettacolo termina bruscamente com'è cominciato e il mare ritorna deserto e monotono come prima. Si avvicina la sera, non troppo scura ormai che siamo vicini al circolo polare. Meglio così per chi fa le guardie notturne. Il tramonto ci saluta con un raggio di sole che si fa largo al lasco fra le nuvole basse all'orizzonte. Un giorno termina e un altro inizierà fra poco, di nuovo monotono, ma di qualche 150 miglia più prossimo alla meta.
(English version) Sea birds We are in a hurry to avoid the next low pressure. We escaped the previuos one sheltering in Tilichiki and clearly unnerving the local Coast Guard officer. We were not only the first italian sailboat coming in this harbor (!), but I bet that no yacht ever stopped here. Tilichiki is a small town (or rather a village) built on two levels. Beside the sea a pier in bad shape, kept tight by rusty planks, a few old cranes to unload the barges coming here, houses in bad repair state, dirt roads, all things probably belonging to the soviet's era. Houses on the upper level raising a few tens of meters from the sea seem to be in better shape. There is also an imposing building surrounded by a wire fence looking like a jail, who knows what is it in reality. We practically never stepped ashore. We didn't have time. There was the urgent need to repair a serious problem with potentially dramatic exits and on top our stop was not included in the route plan we had to submit in advance for the whole route to Tromso, completed with positions, date and time. We anchored in the front laguna protected by a long sandy strip, surrounded by seaweeds and shallow waters, thanks to our limited draught due to the lift keel, and watched by the interested stare of seals with big eyes surprised as much as we were to find us in that place and under the watchful surveillance of the ground based video camera of the Coast Guard. The expected wind came on time delivering a motorboat smashing just against our sides, the sole obstacle in the whole laguna. The clear sky swept by the wind let us enjoy a fantastic panorama of peaceful mountains and tundra partially compensating for the lost ime and the worries. Having repaired the problem we left againg along the final 700 miles. Again rough and disordered seas. A serious blow on the health of one of our crew members, later becoming more regular and smooth, but always covered by a gray ceiling of clouds without details, depressing, with the low rumble of the engine to heat and doze us. Here we do not enjoy the benefit of the trade winds: the weather is either calm or stormy by the deep lows that basically follow the Aleutians arc limiting the southern part of the Bering Sea. It's a question of catching the gap between one low and the following, whose effects are felt up to the northern limits of that same sea. No peaceful sailing then, but using the engine as soon as the speed drops lower than five knots. Gray sea, some patches of fog, gray sea again. A couple of distant blows confirm that life is not completely absent here: whales! May be humpback, maybe fin whales. They are too far to allow us to identify the species. Then nothing for days in a row. A couple of gigantic fisherman cross our path. Their people stand for a few minutes on deck to watch us, for sure wondering who the hell are we and what are we doing here. And then, all of a sudden, hundreds of sea birds fly around just on our path. All of them are seafaring birds: fulmars in both colors, shearwaters, seagulls with black tipped wings, very few albatrosses, even a skua, all flying in their own way. No coastal birds can be seen: no guillemots, auks, puffins or cormorants make their appearance. They fly and fly around our boat that sails along without noticing them, they settle on the waves a few meters from the advancing bow to hurriedly start again just before being hit. It looks like they are enjoying this special game of theirs. We watch fascinated their cabrioles. A few of them coming from the stern flies along the side keeping pace with us just beside the cockpit and we are sure that they observe us as much as we do with them. May be there is a current pushing fishes and plankton on the surface along a path parallel to our course. No matter what the reason is, after a few miles the show ends as suddenly as it began and the sea gets back to be empty and monotonous as before. Te evening is coming, not too dark anymore, being so near to the arctic circle. It is good for the night watches. The sunset is greeting us with the last sun rays filtering between the low lying clouds above the horizon. A day ends and a new one will soon start, monotonous again, but some 150 miles nearer to our destination.