Da bordo di Best Explorer, Siberia orientale, 26 agosto 2019
(Photo credit: worldatlas.con)
Provideniya è una città morente senza più ragione commerciale di esistere. Purtroppo le loro le regole che vietavano tutta la regione agli stranieri, benché eliminate, hanno lasciato strascichi duraturi, come ben sa chi vive in uno stato dove la stratificazione delle norme consolida quelle sottostanti con cristallina geologicità. Così non abbiamo la libertà di fermarci, anche se avessimo il tempo, per visitare coste frastagliate e paesaggi sovente così belli e strani da togliere il fiato. Perfino la presenza sorprendentemente frequente di piccoli insediamenti dall'orribile monotono squallore degli edifici ex sovietici non fa che sottolineare la natura incontaminata e selvaggia del resto del paese. Per contro le poche persone con cui abbiamo l'occasione di avere a che fare si dimostrano affabili, serene e disponibili, lasciando talvolta intravedere l'intraprendenza suggerita dalle condizioni difficili della loro vita. Nelle nostre peregrinazioni ci spostiamo molto più spesso di quanto desidereremmo col motore invece che con le vele. Succede perché approfittiamo per quanto possibile di condizioni di calma. Incontrare tempeste, onde gigantesche e venti furiosi è sicuramente soddisfacente per gli spiriti romantici, molto meno per chi deve percorrere ottomila miglia senza la possibilità di ricevere alcun aiuto nel deprecabile caso che si rompa o si guasti qualcosa. Il caso è tutt'altro che raro, come la nostra personale esperienza di queste prime quattromila miglia ci ha spesso insegnato. Comunque, l'uso intensivo del motore ci obbliga a rifornirci di gasolio ad ogni possibile occasione. A Petropavlovsk, città che vive una discreta modernità, il rifornimento avviene da un'autobotte attrezzata. Non è lo stesso a Provideniya e a Pevek. Ma il nostro angelo custode di Petropavlovsk, Alexei, ci ha procurato due validi punti di appoggio nelle due cttadine e in entrambi i casi, affiancati a dei rimorchiatori, abbiamo acquistato il loro gasolio. Ma, stranamente, il trasbordo è avvenuto ad ore insolite, col buio. Qui a Pevek l'appoggio si chiama Nikolai, un giovane dipendente del rimorchiatore. L'appuntamento è per le due di notte!!! Alle nove di sera, sorpresa. Sentiamo bussare. Fuori la serata è bellissima, c'è ancora luce, che durerà un po' più attenuata, per tutta la notte, una mezza luna nitidissima si sta alzando sull'orizzonte. L'aria è freschina. Sulla chiatta mezza affondata che ci fa da pontile c'è un imponente giovanotto che ieri aveva ispezionato tutta la barca senza nemmeno salutare in cerca di clandestini. Ha un sacchetto in mano pieno di lattine di birra e salatini e praticamente si autoinvita a bordo. La situazione è imbarazzante. Il nostro interprete ufficiale, Romolo, ancora debilitato dai postumi di un pesante mal di mare, è andato a letto presto e il nostro ospite non parla inglese. Noi, del russo, conosciamo a malapena quattro parole. La birra però è un ottimo lubrificante e malgrado le difficoltà l'atmostera umana è calorosa. Ma noi, che sospettiamo qualche inghippo, siamo abbastanza a disagio in attesa delle due di notte. Ma questo qui non accenna a levare le tende! Arriva Nikolai, che ha un solo attimo di perplessità, scambia quattro frasi cordiali col russo e ci saluta sottolinenado con enfasi la buona notte. Ovviamente noi mangiamo la foglia. Ormai a corto di argomenti e sperando di mandare un segnale chiaro, ma non offensivo, Salvatore e io ci scusiamo e ci ritiriamo in cabina. Gianfranco rimane valorosamente sulla breccia e dopo pochi minuti viene cooptato per un giro notturno in città. Respiriamo. Passa una mezz'ora e a mezzanotte, non alle due come promesso, Nikolai con un terzetto di colleghi arrivano, tolgono i nostri ormeggi, ci spostano a mano dirimpetto al rimorchiatore e trascinano un enorme tubo di gomma per riempirci i serbatoi. Situazione un po' difficile, ma non è la prima e siamo attrezzati con imbuti e stracci. Il pieno è presto fatto e ci costa anche un po' meno che a Provideniya. La barca riormeggiata al posto di prima, si scende sottocoperta, la notte chiara è sempre più freschina, e dopo aver riso sotto i baffi per la manovra clandestina ci rititriamo finalmente a dormire. Alle due di notte le nostre sveglie, dimenticate, suonano all'unisono e Gianfranco, appena rientrato per l'operazione pieno, si stupisce mentre noi, mezzi addormentati, silenziamo gli allarmi e lo mandiamo felicemente a nanna.