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Viaggio senza tempo - V Alaska

È tempo di attuare il vecchio programma di visitare l’Alaska e la Colombia Britannica.

Mi preparo a questa stagione di vela con curiosità, perché non conosco l’Alaska, ma anche con un po’ di indifferenza. La tensione del Passaggio a Nord Ovest è svanita e mi sento un po’ svuotato: il grande obiettivo è stato raggiunto e tornare alla normalità, se un programma di più di 3.000 miglia di navigazione si può chiamare così, è decisamente un anticlimax.

Durante il lungo solitario viaggio aereo verso King Cove, tre giorni invece dei cinque del rientro dell’anno scorso, mi domando quale impressione avrò nel rivedere quei posti così insoliti.

Ho in mente anche alcune cose importanti da portare a termine: la riparazione del danno subito dal ghiaccio al fianco destro soprattutto.

La meta finale è una qualche marina tra Vancouver e Seattle dove lasciare la barca per l’inverno per proseguire l’anno prossimo fino alla Baja California. Dopo chissà, forse ci sarà il rientro in Italia via Panama, è ancora troppo presto per pensarci.

Il piano di navigazione di massima è stato completato durante l’inverno tra una conferenza e l’altra. Ho anche già equipaggi per un paio di tappe e mentre navigherò Nicoletta, Salvatore e Filippo, che continuano a darmi supporto come Shore Team, ne formeranno altri per il resto del percorso.

La rotta passerà lungo la Penisola dell’Alaska, toccherà l’isola di Kodiak, la penisola del Kenai, il Prince William Sound, famoso per orche e balene e, dopo aver attraversato il Golfo dell’Alaska, si allungherà attraverso lo scenografico Inside Passage per finire tra i fiordi vicini a Vancouver. Un percorso colmo di attrattive turistiche e tutto sommato piuttosto facile e adatto per buona parte anche ai principianti della vela. I luoghi di sosta li definiremo man mano a seconda delle condizioni del momento.


La traccia del 2013

La sosta invernale nel ventosissimo porto ha ridotto la cappa della randa in brandelli, mentre il segnavento è stato piegato da un’impertinente aquila calva che gli si è posata sopra. Sono gli unici danni. Nelle acque fredde la carena si sporca meno e a lei ci penserò quando riusciremo ad alare la barca: qui non hanno l’attrezzatura e comunque fa ancora troppo freddo.


Best Explorer a King Cove

Gli abitanti continuano a controllare che non vada in giro a piedi, neanche per i duecento metri che mi dividono dal supermercato, per via dei grizzly che cominciano a svegliarsi, ma io non ne ho visto neppure uno; sottovoce dico: peccato!

Marguerite I, una delle barche che erano con noi a Tuktoyaktuk e a Nome ha svernato qui e scopro che anche Fleur Australe di Philippe Poupon, il famoso navigatore francese, è stata qui l’anno prima. Negli anni toccheremo molti dei posti dove Fleur Australe è stata, da Canoe Cove a Tannowa e Kushiro in Giappone: abbiamo un istinto gemello!

Verso Seward

Paolo, che è stato con me l’anno scorso, Sabine e Bernard sono arrivati e si sono sistemati.

Viaggiamo verso l’isola di Kodiak lontana circa 500 miglia. Tutto a motore, salvo il primo giorno. Il tempo è splendido e noi sfiliamo tra isole, isolotti e grandi baie con la catena dei vulcani imbiancati di neve della Penisola dell’Alaska alla nostra sinistra, sopravvento (quel poco).

A Sand Point dove facciamo sosta incontriamo i primi segni dell’antica storia dell’Alaska rappresentati dalla chiesetta ortodossa che ancora esiste sulla collina, guardata da alcune aquile calve appollaiate sui pochi pini contorti che resistono ai

Un'aquila calva di guardia alal chiesa

venti di tempesta. L’Alaska, per chi non lo sapesse, è stata scoperta da Bering nel 18° secolo per conto dell’Imperatore di tutte le Russie e venduta poi agli Stati Uniti nel 19° secolo, quando ancora né loro né la Russia imperiale avevano idea del suo reale valore.

Inutile avere adesso dei rimpianti, ma sarebbe stato meglio aver lasciato l’anno scorso la barca qui come programmato, se solo ne avessimo avuto il tempo, dove c’è un bel cantierino attrezzato anche per riparazioni riscaldate…

Passiamo in una zona dove è stato avvistato due volte soltanto, la prima durante il viaggio di Bering e la seconda nel giugno 1964, 650 miglia più a ovest, uno strano animale marino mai identificato. La storia si torva qui: https://en.wikipedia.org/wiki/Steller’s_sea_ape e qui un video molto esauriente in proposito: https://www.youtube.com/watch?v=Hi1KenKK6NQ

Le condizioni sono perfette, la superficie del mare è uno specchio e la visibilità ottima, ma non abbiamo la fortuna di ripetere l’avvistamento. Con le macchine foto moderne avrebbe significato un grande progresso per la scienza! Lungo la lontana costa di Kodiak riusciamo invece ad avvistare i soffi di qualche balena che ha cominciato la migrazione verso sud.


La chiesa ortodossa di Kodiak

A Kodiak la presenza russa è ancora più visibile. La cittadina e le testimonianze del passato sono sopravvissute a un terribile terremoto e al conseguente tsunami nel 1964 che ha modificato i fondali marini con spostamenti che hanno raggiunto i nove metri, ancora non riportati sulle carte. Inatteso ed emozionante l’incontro nel porto con Mark, vecchia cara conoscenza delle Svalbard che aveva traversato il Passaggio a Nord Ovest pochi giorni prima di noi.


All'ancora vicino a Kodiak

Torniamo a vedere per la prima volta le foreste di conifere che non incontravamo dall’anno scorso in Norvegia. Affrontiamo anche i problemi degli ancoraggi sopra fondali con caratteristiche idrogeologiche differenti cui mi devo ancora abituare. L’oceano è abbastanza tranquillo, ma la leggera onda lunga che proviene da nord est, incontrando una forte corrente a noi favorevole ma a lei contraria, ci dà i primi brividi alzando un mare alto quasi tre metri. Chissà come deve diventare quello stretto relativamente breve che abbiamo passato or ora in caso di tempesta!

Il mare mostra il suo volto mutevole e sempre vario anche qui, quando è calmo è pacifico come il suo nome. Mentre svolgo il mio compito di skipper o la mia guardia alla ruota non mi stanco mai di osservare la sua superficie e il comportamento delle sue onde. Cerco di interpretare quello che mi sta dicendo e pian piano comprendo sempre qualcosa in più del suo linguaggio. È sorprendente come sia sempre diverso e pur sempre simile a sé stesso e come mi faccia sentire contemporaneamente a mio agio e insicuro ogni volta che mi trovo ad entrare in una nuova regione.

Mi domando se dipenda dal colore del cielo, da quello delle acque o dalla salinità, dalla presenza o meno di correnti o di qualche altro fattore sconosciuto, ma non ho risposte pienamente soddisfacenti.

Le montagne coperte di giaccio del Kenai ci accolgono con i loro profondi fiordi e le prime allegre lontre di mare che ci affascinano con le loro buffe movenze e l’assenza assoluta di timore, e pensare che dopo la guerra erano state considerate praticamente estinte!


North Arm, Kenai

Ci concediamo qualche sosta con ancoraggi difficili e a volte fantasiosi, come quello di Paradise Cove, splendida, ma coi fondali profondi oltre 60 metri e i fianchi a picco, legati solo di traverso a un’insenatura minima con cime a terra in calma assoluta, solo per dover scappare con discreta difficoltà quando un improvviso colpo di tramontana rischiò di stamparci contro le rocce.

Seward ci accoglie nel suo moderno marina. Abbiamo un po’ di tempo tutti insieme per farci un’idea di questa cittadina di frontiera, al fondo del fiordo, Resurrection Bay, poi il mio gradevole equipaggio mi lascia.


Mezzanotte a Seward

Resterò qui per un mese e mezzo: ho tutto il tempo per completare i lavori di manutenzione. Nessuno ha accolto l’invito a visitare con noi la fantastica area del Prince William Sound.

Incontro una lonrta di

Lontra di mare accanto alla barca

mare proprio accanto alla barca, alci lungo le strade, faccio amicizia con il carpentiere che mi ripara il fianco della barca, con un vicino che va al lavoro in aereo agli impianti petroliferi di Prudhoe Bay, con una famiglia che mi presta la macchina per andare a trecento km di distanza e così via.

Siamo in Occidente, ma il paese è significativamente diverso dall’Europa. È il mio quarto incontro con gli abitanti dell’Alaska, assai più prolungato e approfondito degli altri. Forse è l’atmosfera di questo Stato anomalo fra gli altri dell’America, ma la cordialità qui è alta. Portano l’eredità di una conquista violenta, di una vendita frutto di avidità la cui ombra si prolunga fino ad oggi con continue prevaricazioni del centro sulla periferia e senza dubbio della presenza ingombrante di una natura aspra e indifferente, se pur grandiosa e magnifica. I nativi, che appartengono a molte diverse etnie di origine per una parte indiana e per un’altra di gruppi inuit, sono quasi invisibili, parzialmente discriminati anche se meno che altrove negli USA. Io, da Europeo, mi sentivo ben accolto dovunque, ma percepivo di essere estraneo all’ambiente e poco preparato a cogliere fino in fondo l’essenza di questa gente.


Riflessi nel porto di Seward

I lavori riportano la barca in ottime condizioni e posso rilassarmi un poco prima dell’arrivo del prossimo equipaggio, che riporta a bordo Mariele, Nicoletta, Barbara ed Elena: felice fra le donne!

Juneau e dintorni

Qui vicino c’è il Prince Williams Sound, un ampio golfo protetto pieno di isole dove il tempo cambia e ci immerge nella nebbia e nella pioggia, che ci seguiranno per un bel po’ vanificando in parte gli sforzi del paesaggio per presentarsi nella sua intera gloria.

I salmoni stanno tornando e al loro seguito arrivano anche i cetacei, che cominciano a mostrarsi proprio tra le isole e le baie del Sound. Quel che riusciamo a vedere è spettacolare e adatto alle visite in barca, assi più ricco com’è di luoghi adatti all’ancoraggio della penisola del Kenai. Ci stupisce la solitudine e la relativa desolazione dell’unico insediamento nell’ovest del Sound, Whittier, deturpato da due enormi edifici di cemento ex-governativi all’estremità di un tunnel che lo collega alla vicina Anchorage. Credo che potrebbe essere eletto a posto più umido e triste dell’intera costa pacifica americana, e sì che l’estremità del Sud America ha buoni numeri per competere.

Ci diverte utilizzare la “modernissima” installazione per l’eliminazione ecologica dei rifiuti: un bidone che brucia con grande semplicità e calore quel che gli si getta dentro.


Prova della carabina anti orso nel Prince William Sound

Il Sound comunica con l’Oceano, propriamente il Golfo dell’Alaska, attraverso alcuni passaggi piuttosto stretti di cui il principale ha di fronte a sé altri ostacoli. Impressiona pensare che proprio qui dentro si è verificato nel 1989 uno dei peggiori disastri della marineria, l’affondamento della Exxon Valdez con il terribile inquinamento conseguente. Più giriamo il mondo, più ci sensibilizziamo sulla fragilità dei nostri mari.

Traversiamo il Golfo dell’Alaska col brutto tempo, ma in relativa tranquillità, con il principale rimpianto per la poca visibilità che non ci permette di scorgere la costa continentale e l’altissimo Monte St. Elias, alto più di 6.000 metri. L’avrei particolarmente apprezzato sia per la pura curiosità di poter osservare un monte così alto visibile dal mare sia perché è stato il primo lembo di terraferma d’America visto da Bering nella sua storica spedizione. Neri albatros ci girano saltuariamente intorno, dispettosamente sfuggendomi ogni volta che estraggo la macchina fotografica. Le ragazze superano coraggiosamente le sgradevoli condizioni della lunga navigazione in oceano.

Le isole che fronteggiano la costa da Juneau a Seattle e che proteggono l’Inside Passage, la via navigabile interna, presentano cinque passaggi principali verso l’Oceano. Noi ci inoltriamo nel primo che porta direttamente a Juneau, la capitale, ma ci fermiamo prima di entrare in un porticciolo delizioso situato proprio all’ingresso: Elfin Cove. In mezzo agli altissimi abeti ci sono perfino i colibrì! E anche lì

Elfin Cove

un impianto ancora più basico per l’eliminazione dei rifiuti. La marea è davvero ampia e risalire dal pontile galleggiante quando è bassa è una vera scalata. Se non ci fossero barche moderne e l’elettricità potremmo essere tornati a un secolo fa.

Accanto a noi c’è una nave che stiva i salmoni ricevuti dai pescatori e li congela: riusciamo di straforo a comprarne uno fresco, bello e buono.

Le balene entrano nei passaggi interni proprio qui davanti e un mattino usciamo nella nebbia fitta con la speranza di incontrarle prima di proseguire verso l’interno. Ancora per poco la marea è in stanca e approfittiamo dell’assenza di corrente e del mare abbastanza calmo per spegnere il motore e aspettare in silenzio sperando di sentirle passare.


Balene a Elfin Cove

Proviamo un brivido di eccitazione: un mugolio profondo e prolungato, vagamente simile a una sirena da nebbia, ci raggiunge dal largo: è sicuramente il canto delle balene! È magico! Galleggiamo nel nulla, come se al mondo ci fossimo solo noi e questi fantasmi che si stanno avvicinando. Appaiono dalla nebbia alcuni dorsi scuri che ci scivolano attorno. Sono accompagnati dalle sagome guizzanti di alcuni leoni marini. Che meraviglia! Con un’emozione intensa tratteniamo a stento lacrime di gioia.

All’interno del passaggio ci danno una fregatura: volevamo andare a vedere le balene a Glacier Bay, una rinomata meta turistica poco più avanti famosa per la loro visita e i panorami. L’ingresso giornaliero è contingentato, ma siamo riusciti via satellite a prenotare il primo posto per domani. Quando telefoniamo alla sera per conferma ci dicono che siamo in lista d’attesa! La mafia locale esiste anche qui e più tardi avremo la conferma che accade lo stesso anche in Canada. Siamo furiosi, ma non tutto il male vien per nuocere, perché proprio all’ingresso della baia assistiamo a incredibili evoluzioni delle megattere che ne fanno di tutti i colori. Nella baia non se ne vede alcuna.


Scoiattolo
Salmoni in risalita


Juneau, piccola com’è, è la capitale dell’Alaska, ma è questione storica. Ci spendiamo qualche giorno! Il posto è piccolo, ma vi si fermano grandi navi da crociera e proprio in città davanti al loro attracco incontriamo un orso nero faccia a faccia, ma si spaventa di più lui. I salmoni cominciano a risalire i fiumi e si ammassano davanti alle foci dei torrenti richiamando quantità di aquile calve che si radunano in attesa sulle spiagge come fossero gabbiani.


Sitka

L'interno della cattedrale ortodossa

Spendiamo gli ultimi giorni a disposizione andando attraverso stretti passaggi interni fino all’antica e splendidamente situata capitale russa, Sitka, sull’oceano. I canali sono pieni di barche da pesca che raccolgono vagonate di salmoni che

vediamo ogni momento saltare fuori dall’acqua. Distendono delle grandi reti marcate da galleggianti ovali gialli facendole trainare in tondo da un barcone

Un totem nel parco di SItka
Orche in caccia

dotato di un potente motore che ne riporta un capo al peschereccio, dove l’altro è rimasto fissato. La rete viene chiusa sul fondo formando un sacco e tutto quel che c’è dentro viene lentamente issato a bordo. Lungo il percorso bordato da antiche conifere vediamo salmoni, aquile e cervi, con l’accompagnamento di alcune orche in caccia.

Verso il Canada

Mi raggiunge Salvatore per aiutarmi a portare la barca fino in Canada, mentre le ragazze tornano in Italia.

Il viaggio sarà faticoso. Dovremo limitarci a navigare di giorno per evitare i tronchi d’albero che infestano i canali. Andremo prevalentemente a motore: difficile che lo stretto percorso permetta l’uso della vela.

Sono felice di essere di nuovo insieme al mio amico, tra noi l’intesa è perfetta. Sono un po’ preoccupato per le pratiche di uscita dagli Stati Uniti, che non sono famosi per la flessibilità della burocrazia: ufficialmente si può entrare e uscire solo da alcuni porti, tra cui l’ultimo verso sud è Juneau, ma noi dovremo percorrere ancora più di cinquecento miglia prima di lasciare gli USA e sicuramente ci fermeremo qua e là. Chiedo alla dogana come mi devo regolare: sorpresa dalla mia domanda la funzionaria prende tempo. Un paio di giorni dopo arriva la risposta: “Vada tranquillo, non c’è problema” “Ma non dovete darmi qualche documento?” Lei cade dalle nuvole: “No, no”. Alaska! Sii benedetta!

Speriamo bene, perché anche in Canada sono ben tosti.

Megattera in immersione

Passiamo lì alcune delle ore più eccitanti della nostra vita marittima: possiamo vedere tutto l’enorme Sound, grande una volta e mezza il lago di Garda, e riusciamo a contare almeno dieci balene che emergono contemporaneamente. Chissà quante ce ne sono in tutto.

Macchine foto alla mano, derivando lentamente e silenziosamente insieme alla corrente, ce ne stiamo affascinati a osservare e riprendere gli stranissimi comportamenti degli enormi animali che stanno evidentemente foraggiandosi.

Il salto di una megattera

Girano in tondo a pancia in su sfiorando la nostra barca e sbattendo le grandi pinne pettorali, crediamo che stiano spaventando i salmoni per radunarli. Poi si immergono e dopo mezzo minuto schizzano quasi completamente fuori dall’acqua a bocca aperta ricadendo giù con una botta forte come un colpo di cannone.

Purtroppo, il giorno avanza e dobbiamo arrivare fino a Petersburg entro sera, prima di affrontare domani uno stretto canale con restrizioni di passaggio dovute alle maree. Lasciamo a malincuore questo posto incredibile e i suoi ancora più incredibili abitanti.

A Petersburg, piacevole cittadina di sapore vagamente nordeuropeo, incontriamo di nuovo un passaggio condizionato dalle maree piuttosto rilevanti e guardato dai leoni marini. Non è la prima volta, ma lungo questa costa la cosa si ripete di frequente. Il tempo in questo ci favorisce: è sempre molto calmo e quindi dobbiamo solo affrontare il movimento dell’acqua e non l’effetto del vento e delle onde.

Le carte per diportisti che abbiamo trovato, molto dettagliate, non aiutano a trovare gli ancoraggi e dobbiamo fidarci delle nostre intuizioni, che discutiamo mettendo insieme le nostre ignoranze. A volte, come ora, dobbiamo proseguire anche di notte arrivando molto tardi ad ormeggiarci in porticcioli per pescatori.

Troviamo qua e là gradevoli ancoraggi, passiamo angoli deliziosi, incrociamo punti di involo di idrovolanti, un mezzo assai usato da queste parti, alla fine arriviamo a Prince Rupert, porto di ingresso in Canada.

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