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Galapagos Parte III


Tre approdi soltanto. Questo ci è concesso dalle regole del Parco e niente più. Ogni tanto queste restrizioni sembrano davvero eccessive, come il divieto assoluto di versare le acque nere in mare, quando a poche centinaia di metri dal nostro ancoraggio le fogne della cittadina vi versano tranquillamente i loro contenuti, puzza compresa. Ma tant’è: abbiamo voluto venire qui e dobbiamo accontentarci. Tanto da vedere di natura ce n’è finché se ne vuole. Di Baquerizo Moreno ne abbiamo già parlato. L’ancoraggio è talvolta un po’ scomodo, quando la corrente non si accorda col vento e con le onde e gira la barca di traverso a entrambi. La gente è cordiale e quando abbiamo avuto bisogno di aiuto l’abbiamo trovato subito e generoso.

Puerto Ayora, sull’isola di Santa Cruz, è molto più grande, contando più di undicimila abitanti. Ci si trovano molte più cose, soprattutto tecniche. Al Centro Darwin si vedono le tartarughe giganti e le rare iguane di terra. Molte escursioni per i siti “riservati” del parco partono di qui. L’ancoraggio è più esposto al dondolio e conviene avere un’ancora anche a poppa per rollare di meno. Puerto Villamil, su Isabela, è il più naturale e selvaggio dei tre e anche il più complicato da raggiungere e in cui fermarsi, per via dei bassifondi e della relativa ristrettezza. Noi ci abbiamo passato dei brutti momenti, per aver voluto spingerci un po’ troppo avanti in acque basse. In compenso nel raggiungere il pontile di attracco si passa accanto ai pinguini, i più settentrionali del mondo, e in acqua si scorgono spesso anche squaletti e wahoo, mentre nelle lagune dell’interno stazionano i fenicotteri.

Speravamo che l’isola ci offrisse anche una bella eruzione, visto che i suoi vulcani sono attivi, ma sarà per un’altra volta…

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