24 Luglio 2012, h 18.38 - Postato da Nanni
Sono le nove e mezzo di sera, il cielo è di un grigio scuro uniforme e il mare è uno specchio. Stiamo raggiungendo un posto dove ci hanno detto che dovrebbe essere possibile fare acqua. E' un'isola rocciosa e vediamo che ci sono le solite casette vivacemente colorate sparse sulle rocce lisciate dal ghiaccio. C'è un piccolo pontile in legno che non sembra adatto all'ormeggio, esposto com'è al passaggio del ghiaccio. Alcuni ragazzi giocano a palla sulla rive, attenti a non mandarla in mare. C'è un sacco di ghiaccio intorno, fin dalla nostra partenza questo pomeriggio e c'è un grande iceberg che sembra arenato dall'altra parte della baia. Il portolano dice che il porto è difficile da individuare, così continuiamo lentamente lungo la costa. Non vi ho detto che abbiamo navigato tutto il giorno in acque senza indicazioni di profondità: una situazione cui non siamo abituati, profondamente inquietante, almeno all'inizio. Poi vediamo un'antenna radio che spunta dietro una roccia dove sembra che ci sia solo un'altra insenatura. Avvicinandoci ancora ci sembra che ci sia un passaggio e ci fidiamo delle nostre sensazioni. Il passaggio c'è davvero: porta a un bacino circolare completamente rinchiuso dalla terra con una quindicina di piccole barche da pesca e un'altra più grande e mal ridotta ormeggiata a una roccia. Ci avviciniamo con cautela perché subito a poppa c'è una zona rocciosa poco profonda e ci accostiamo di lato: siamo in Tasiussaq. La mattina dopo ci muoviamo in cerca d'acqua. Il paese non ha strade, solo sentieri tracciati sulle rocce. La spazzatura è un po' dovunque. E' domenica e non ci sono molti in giro cui chiedere informazioni. Riusciamo a capire che è possibile prendere acqua da un rubinetto con pulsante Ce n'è un altro più vicino alla barca. Dobbiamo aspettare per chiedere il permesso di usarlo. L'alternativa è tornare a Upernavik, perché il consumo dell'acqua è stato eccessivo, malgrado le raccomandazioni. Ieri abbiamo fatto un carico di emozioni forti: viaggiare nella nebbia tra gli iceberg all'inizio. Poi fortunatamente la nebbia si è alzata e abbiamo scoperto che la nostra rotta era bloccata da un muro di iceberg belli grossi lungo più di un miglio. Abbiamo avuto qualche momento di perplessità, poi abbiamo immaginato che ci fosse un passaggio, sempre in acque senza indicazioni di profondità, tra gli iceberg e un'isola dal nome strano di Satup Akia. Ci siamo avanzati lì dentro con un occhio attento allo scandaglio per evitare eventuali rocce affioranti. Satup Akia è la nostra meta, perché c'è un labirinto di fiordi interconnessi con tre ingressi separati e diversi bracci che ci sembra un posto interessante da visitare. Gli iceberg sono concentrati qui intorno. Le pareti dei fiordi sono molto ripide, le rocce sono rossastre e liscie. Il primo ingresso è stretto e porta a un passaggio ancora più stretto. Un paio di piccoli iceberg sono arenati di fronte al secondo, ma il terzo ci sembra completamente bloccato da alcuni molto grossi, così entriamo in questo. Appena siamo dentro siamo affascinati dal panorama. E' uno stretto canale rettilineo assolutamente immobile. Sulle rocce sono stese ad asciugare alcune reti dei pescatori. Continuiamo fino in fondo passando diversi rami laterali e insenature troppo strette per invitarci ad entrare. Nessun posto adatto ad ancorarsi, però. Proprio in fondo troviamo una zona dove c'è una profondità uniforme di una ventina di metri e ci ancoriamo portando due cime a riva e sistemandoci a una trentina di metri da terra. E' l'una di notte. Festeggiamo con un halibut comprato a Upernavik quella mattina. Ci alziamo tardi e passiamo il resto del mattino controllando la barca e andando in giro a terra, dopo aver ucciso un "bergy bit" per far pratica col nostro nuovo fucile. Quando alla fine salpiamo troviamo che l'uscita dai fiordi più a nord è bloccata da grandi iceberg uno dei quali sta facendo cadere dei bei pezzi di ghiaccio. Non ci fidiamo ad avvicinarci e per qualche minuto la situazione sembra davvero difficile. Proviamo lo spiraglio più a sud? Non si può, è troppo basso. No, forse ci riusciamo. Svelti, siamo troppo vicini agli iceberg, loro si rovesciano in fretta e le loro "radici" sono profonde diverse centinaia di metri: possono colpirci dal di sotto prima che ci si possa allontanare. Non troppo in fretta: possiamo vedere avanti quanto c'è di fondo solo per una sessantina di metri. OK. Ora il bassofondo di 15 metri è dietro di noi e il fondale sta precipitando oltre i cento metri. Massima velocità adesso. Bene, siamo liberi, possiamo smettere di trattenere il respiro. Il pomeriggio lo passiamo per visitare il fronte di un enorme ghiacciaio, il Giesecker Braeer, che proviene direttamente dall'Indlandsis, la calotta glaciale Groenlandese. Dobbiamo arrestarci a tre miglia di distanza perché il ghiaccio in mare è troppo esteso, ma lo scenario è ugualmente magico. C'è silenzio, eccetto per il rombo lontano di tuono del ghiacciaio che crolla qua e là, una leggera pioviggine, il grigio del cielo che stranamente esalta i colori del ghiaccio. Strana anche l'assenza quasi completa di vita animale. Poi rotta su Tasiussaq, incontrando per via alcuni pescatori e finalmente un paio di foche in mare. It is nine thirty in the evening, the sky is a uniform dark gey and the sea is a mirror. We are reaching a place where we have been told that it is possible to get water. It is a rocky island and we see a number of the usual small very brightly colored houses scattered on the smooth rocks. There is a small wooden jetty that doesn't seem a good place to moor, exposed to the path of the ice. A few kids play football on the shore, careful not to send the ball in the water. There is a lot of ice around, since our start this afternoon and a quite large iceberg seems to stay grounded on the other side of the bay. The nautical instructions say that the harbour is difficult to see, so we continue very slowly along the coast. I didn't tell you that we sailed all the day in areas where there are no soundings: a situation we are not used to, a deeply disturbing one, at least at first. Then we see a radio antenna behind a rock where it appears to be only another bend on the coast. Coming near we perceive that there is a passage and we trust our feeling. The passage is actually there: it leads to a completely landlocked pond sheltering some fifteen small fishing boats, including a larger battered one moored to a rock. We approach it very carefully because just behind there is a shallow rocky area and we put alongside: we are in Tasiussaq. The following morning we set out looking for a way to get water. The village has no roads, only paths on the rocks. Garbage is thrown around. It is sunday morning and there is almost no one to ask. We understand that water can be obtained from a tap operated by a button. There is another tap nearer to the boat. We have to wait to ask for the permission to use this one. The alternative is to get back to Upernavik, as water consumption has been too much despite the clear directions. Yesterday we have harvested a full load of extreme emotions: sailing in the fog amidst icebergs at first. Then luckily the fog lifts and we found our path bloched by a wall of very large icebergs more than a mile long. A few moments on uncertainty, then we guess a possible course around between the icebergs and the coast of an island with the strange name of Satup Akia. No soundings here and a continuous watch for a possible rock awash. In Satup Akia there is a maze af fjords with three separate entrances and five or six branches interconnecting. It is our intended goal. Icebergs are concentrated all around. The walls of the fjords are very steep, the rocks are reddish and smooth. The first entrance is narrow and leads to a even smaller passage. A couple of small icebergs are grounded in front of the second one but the third one seems completely blocked by a few very large ones, so we entered this one. As soon as we are in we are fascinated by the wiew. It is a straight channel absolutely still. On the rocks there are a few nets left by fishermen to dry. We continue to the end crossing several side inlets and branches too narrow to invite us to stop. No place to anchor though. At the very end we found an even bottom of almost twenty meters depth and we anchor leading two ropes ashore, a mere thirty meters from the rocks. It is one o'clock agt night. We feast with a halibut bought in Upernavik in the morning. We get up late and the rest of the morning is spent in checking the boat and in wandering ashore, after having shot a bergy bit dead to get firing practice with our gun. When at last we sail we find the northermost exit of the fjords blocked by big icebergs, one of which is calving large bits of ice. We do not dare to get near and for several minutes the situation seems really difficult. What about trying the southern lead? No chance, it is too shallow. No, may be we can pass. Quick: we are too near to the icebergs and they tumble very fast, their "roots" being several hundred meters deep they can hit the boat from the bottom. Not too fast: we can look forward some 60 meters only with our sonar. Ok, now the shallow of 15 meters is behind us and the bottom is dropping to more than a hundred meters. Top speed now. Good we are clear, we can stop holding our breath. The afternoon is then spent to visit the front of a huge glacier, the Giesecker Braeer, directly from the Indlandsis, the Greenlandic ice cap. We have to stop some three miles off because of the large quantity of ice, but the scenario is magic. Silence, but for the distant thunders of the crumbling ice, light drizzle, the grey of the sky strangely enhancing the color of the ice. Strange also the almost complete lack of animal life. Then to Tasiussuaq, meeting on the route a few fishermen and finally two seals in the sea.