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Immagine del redattoreNanni Acquarone

Cinquemila miglia!


Nanni

Cinquemila miglia Cinquemila miglia. Quasi. Tanto è stato lungo il nostro viaggio intorno all'Alaska fino alla Columbia Britannica. Corrisponde a una volta e mezza la traversata dell'Atlantico da Gibilterra ai Caraibi. Ci ha portato dall'Artico bordato di ghiaccio lungo le coste desolate del Mar di Beaufort, che solo un pugno di velisti giunge mai a vedere. Poi, dopo essere stati sballottati da una forte e per fortuna breve tempesta, ci siamo infilati nello stretto passaggio tra l'America e l'Asia, dove Stati Uniti e Unione Sovietica si guardavano in cagnesco direttamente negli occhi durante la guerra fredda. Abbiamo traversato il terribile mare di Bering durante gli ultimi giorni possibili dello scorso autunno, cercando di approfittare delle poche ore di tempo “ragionevole” tra le profonde depressioni che venivano dal Giappone e che generavano venti superiori agli ottanta nodi, come abbiamo personalmente sperimentato mentre eravamo fortunatamente già all'ormeggio nel nostro porto d'invernaggio di King Cove, circondato dalle montagne già imbiancate dalla prima neve. Tornati in primavera con un cielo eccezionalmente chiaro che ci ha regalato una spettacolare vista delle montagne e dei vulcani innevati della Penisola di Seward abbiamo seguito la rotta tracciata quasi trecento anni fa da Vitus Bering, primo uomo bianco a scoprire le isole Aleutine e l'Alaska. Il tempo ci è stato clemente, fin troppo, dal momento che non abbiamo incontrato mai vento e siamo stati costretti a usare il motore per tutta la rotta fino al Canada. In compenso ci siamo goduti un numero incalcolabile di baie e rifugi, stretti, passaggi, canali tortuosi, tutti tappezzati da una foresta continua degli snelli e alti abeti caratteristici della costa pacifica. Per strada abbiamo incontrato davvero poche barche oltre ai numerosi pescherecci di vario genere, tutti amichevoli e curiosi di ascoltare la nostra storia in tutti i porti che abbiamo toccato. La natura sovrabbondante ha riempito dovunque i nostri sensi con aquile pescatrici dalla testa calva, leoni marini, foche, balene, delfini, focene, lontre di mare, buoi muschiati, caribù, salmoni, orsi, albatros, colibrì (!) e un numero infinito di uccelli marini, tutti con i loro gridi particolari e nessuno mai disturbato dalla nostra presenza e dal nostro motore. L'intenso profumo della foresta ci inebriava ogni volta che gettavamo l'ancora e le verdi quinte degli alberi, sempre presenti dal momento che abbiamo passato l'isola di Kodiak, ci hanno dato senza mediazioni il senso degli immensi spazi di questo vero estremo ovest americano. Navigare non è stato così facile, a dispetto delle acque calme e protette dei canali interni all'arcipelago. Abbiamo incontrato correnti, talvolta davvero rapide, con i loro gorghi e le loro controcorrenti inattese, grandi escursioni di marea, ancoraggi profondi, acque torbide, estesi banchi delle alghe giganti (kelp) del Pacifico che ci hanno posto nuove e difficili sfide. Nulla peraltro che un velista ragionevolmente ben preparato e prudente non possa affrontare. Abbiamo quindi lasciato la luce perpetua dell'estate artica per ritornare a un clima molto più mite, benché talvolta piuttosto umido, e alle notti scure delle latitudini temperate, non troppo dispiaciuti di smettere gli abiti pesanti che ci eravamo abituati a indossare. Il nostro pozzetto coperto è stato ed è ancora un vantaggio fondamentale per il nostro confort, proteggendo le persone di guardia dal freddo, dal vento, dalla pioggia e dall'umidità e rendendo il nostro procedere sempre confortevole, a dispetto del clima severo che abbiamo incontrato. Ora stiamo esplorando i protetti ancoraggi e il labirinto dei canali della Columbia Britannica e ci ripromettiamo di rilassarci un tantino dopo questo lunghissimo viaggio, prima di affrontare le prossime lunghe tappe verso la Baja California nella prossima primavera! Five thousand miles. Almost. That's the length of our voyage around Alaska to British Columbia. It is one and a half times longer than crossing the Atlantic Ocean from Gibraltar to the Caribbeans. It took us from the ice bound Arctic Ocean along the barren shores of Beaufort Sea, that only a handful of sailors ever get to see. Then, after being tossed around by a heavy but luckily short storm, we squeezed through the narrow passage between America and Asia, where USA and USSR were touching and most touchy during the cold war. We crossed the terrible Bering Sea during the last autumn manageable days, trying to use the few hours of “reasonable” weather between deep depressions coming from Japan, producing winds in excess of eighty knots, as we experienced already moored, luckily, in our winter harbor of King Cove, the first snow blanketing the surrounding mountains. In spring we were back and with an exceptional clear sky and a magnificent view of the snow clad volcanoes and mountains of Seward Peninsula we followed the route sailed almost three hundred years ago by Vitus Bering, when as first white man he discovered the Aleutians Islands and Alaska. Weather has been kind to us, even too much, as we got no winds at all since, forcing us to motor all the way to Canada. But we could enjoy an unlimited number of coves, straits, narrows, winding canals, all lined up with Sitka and Hemlock spruce. On the road we met very few boats beyond the many fishing vessels, seiners, long liners, crabbers, that where friendly and curious to listen to our story in every harbor we pulled in. The nature filled everywhere our eyes, ears and nose with the sight of bald eagles, sea lions, seals, whales, dolphins, sea otters, muskoxen, cariboos, salmons, bears, albatrosses, hmmingbirds and an unlimited number of sea birds, all uttering their peculiar noises, not ever disturbed by our boat and motor. The rich scent of the forest reached us any time we anchored and the green scenery, ever present after we passed the island of Kodiak, gave us the direct feeling of the enormous space of the American real far west. Sailing was not so easy, despite the calm waters protected from the ocean swell. Currents, some times really fast, with their overfalls and eddies, big tides differences, deep anchorages, murky waters, large patches of kelp, the special gigantic seaweed of North Pacific, where all presenting us new and difficult challenges. Nothing though that a reasonable well prepared and careful sailor could not afford. We left the continuous daylight of the Arctic to get back to a much milder weather, though some times pretty wet, and the dark nights of temperate latitudes, not too sorry to dismiss the warm garments we were earlier used to wear. Our protected cockpit has been and still is a major bonus for our comfort, sheltering people on watch from cold, wind, rain or drizzle and making our passage always comfortable, notwithstanding the harsh climate we encountered. Now we are exploring the peaceful anchorages and the maze of channels of British Columbia and are going to relax a bit after this very long voyage, before affording the further long run to Baja California. Next spring!

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